CON MONZÙ NUNÙ, STORIA, TRADIZIONI E GASTRONOMIA
per ricordare le proprie radici e preservare il nostro benessere anche a tavola
“Si cucine cumme vogl'i”
Cucina Tradizionale Mediterranea e Partenopea

La memoria. La memoria della propria infanzia, delle proprie radici, la caparbia struggente nostalgia con cui in una sfumatura di sapore, in un tenue profumo, ricerchiamo un attimo lontano di tenerezza, di serenità, di gioia.

… La memoria. Questa è la differenza tra il semplice atto del mangiare inteso come pura necessità fisiologica, e il piacere del mangiare quale segno di civiltà e di cultura.

Chi ama mangiar bene mangia anche per fame di riconoscersi dentro, e i sapori sono i suoi ricordi.

(Introduzione di Luca De Filippo  – La cucina napoletana –  Jeanne Caròla Francesconi)

 

 


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Tradizione e Cultura

Immaginate di passeggiare per strada, quante volte vi sarà capitato di essere d’un tratto rapiti da una vetrina che espone le sue prelibatezze culinarie, rievocando appetitosi sapori e stuzzicanti profumi. Estasiati da questa sorta di malia difficilmente vi sarete soffermati a pensare che celata in quelle invitanti essenze c’è un’anima, l’anima del suo creatore.

Cucinare è una tra le più antiche espressioni d’arte, è contemplazione di elementi, è ispirazione, è capacità di fondere armoniosamente pensiero e azione.

E’ l’arte, che più di ogni altra, valorizza i sensi ed è dedita ad una nobile virtù: la convivialità

Non a caso, recitava il sapiente e famoso chef francese Marie Antoine Carême: “Quando non avremo più buona cucina, non avremo più letteratura, né intelletto elevato, né riunioni amichevoli, né armonia sociale.”

Chi con maestria e passione si dedica alla cucina, sa come soddisfare gli occhi, eccitare il naso e appagare le aspettative del palato dei suoi conviviali. L’atto del cucinare, così come quello del gustare un buon piatto sapientemente preparato, è una superba sinestesia che ingenera benessere, favorisce le intese, ci rende bendisposti, aperti e stimolati… in poche parole ci consente di star bene con gli altri.

 


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Corpo e Anima

L’esperienza del mangiare è sempre stata per l’uomo non soltanto un’esigenza fisica, ma anche spirituale.

E’ facile ripercorrere il tempo a ritroso ed immaginare che prima, ancor più che oggi, cucinare e cibarsi  fossero esperienze centrali nella vita delle comunità. La ricerca delle risorse, la preparazione del pasto, la condivisione del cibo … per secoli questi gesti hanno scandito la giornata e la vita di intere popolazioni. Gesti sapienti, mani esperte, odori, sapori, ritmi e coinvolgimento emotivo.

Sì, perché cucinare non significa solo preparare un pasto, ma è un’esperienza totalizzante, di cui il piatto da servire è il risultato finale.Oggi più che mai i nostri ritmi sono incalzanti, frenetici, e a volte, purtroppo per molti, l’unica possibilità reale è il preparato industriale.  Perdendo il contatto con ciò che mangiamo e con l’esperienza della preparazione, perdiamo però anche il contatto con noi stessi, col nostro corpo ed il nostro spirito.  Il cibo che ingeriamo infatti è quello che dà “corpo” al nostro organismo, è materia capace di formare e trasformare  processi chimici complessi, ma anche energetici e spirituali.Cucinare quindi come prevenzione e cura, ma anche come altissima forma di meditazione: guardare e  scegliere, affettare e toccare, odorare e gustare: un’esperienza multisensoriale che ci riporta alla nostra storia e alle nostre radici.Si viaggia in cucina, come in nessun altro luogo. Le spezie, la varietà di verdure, i sapori nuovi ed antichi, ci portano lontano attraverso le vicende di mille e mille popoli che si sono intrecciati in un cammino lungo tutta l’umanità.  La storia di ogni popolo legata ad un’altra, le antiche gesta del pestare, tranciare, sgranare, impastare. Storie affascinanti di donne e uomini, di leggende, ma anche di climi, biodiversità, scambio e convivialità. Succede spesso che a tavola un odore, un sapore, riesca a risvegliare memorie antiche di piatti familiari, sensazioni che fanno parte di noi, scritte nel nostro patrimonio genetico, in grado di riportarci con un balzo fino alla nostre radici.  In qualunque posto ci troviamo, un’esperienza del genere è in grado di ricollegarci alla nostra famiglia, al nostro paese, alla nostra regione ed alla nostra specifica, unica, tradizione. La tavola dunque come storia di vita, viaggio, memoria, saggezza popolare che è anche cultura, narrazione, musica e Poesia.

Dopo il non far nulla, io non conosco occupazione per me più deliziosa del mangiare, mangiare come si deve, intendiamoci.  L’appetito è per lo stomaco ciò che l’amore è per il cuore.

… Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di questa opera buffa che si chiama vita, e che svanisce come la schiuma di una bottiglia di champagne.  Chi la lascia fuggire senza averne goduto, è un pazzo.”  (Opera buffa – G.Rossini)


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